Relazione (2) 11.11.2014

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La parrocchia famiglia di famiglie

 

Il Papa chiama il matrimonio, il sacramento primordiale (catechesi del mercoledì sull’amore umano), perché è la prima visibilizzazione di chi è Dio. Dio ha voluto autorivelarsi nella coppia prima che in qualsiasi altra immagine l’uomo si potesse fare di Lui. La comunione affettuosa e totale dell’uomo e della donna, è l’immagine più alta della relazione di Dio con gli uomini: da Osea a Paolo, dal Cantico dei Cantici all’Apocalisse. E questa immagine fa puntualmente la sua comparsa tutte le volte in cui Dio intende esprimere – per così dire – la parte migliore di sé. “ L’attirerò a me nel deserto e le parlerò sul cuore “ come fa l’uomo con la donna amata, dice il profeta (Osea 2,16) E pensare che si parla di un popolo riottoso e infedele, prostituito a molti idoli.

Il Signore si compiace di farsi immaginare dentro la costellazione dei simboli disegnati da questa  relazione: intimità, tenerezza, fedeltà, comunione, procreazione, cura, dedizione e sacrificio della vita.

L’amore dell’uomo e della donna porta scritto dentro di sè il segreto di una tenacia istruttiva per ogni vincolo d’amore tra gli uomini.

Non a caso esso è l’immagine che la Bibbia ritiene più adeguata a suggerire non soltanto la tenerezza dell’alleanza di Dio, bensì la sua tenacia, la sua fedeltà, il suo carattere incondizionato, la sua resistenza alle lacerazioni più terribili. Il primo e più essenziale ministero reso dall’amore degli sposi è: rendere accessibile in molti modi l’immagine più bella del rapporto con Dio che sin dall’inizio della creazione sia mai stato possibile concepire: quello cioè di un uomo e di una donna che si vogliono bene sino a formare una sola carne.

Dio ha pensato di dire se stesso “dicendo” la coppia e ponendo in esse quei tratti che l’avrebbero mostrato e dimostrato. Dio ha pensato la coppia come definizione e ostensione di sé, della Sua Alleanza con l’umanità, del suo essere comunione, Uno e Trino. Ciò ha la sua massima manifestazione nella persona di Gesù Cristo che si presenta come Sposo della Chiesa Sposa. La coppia/famiglia radicata nel Cristo sposo, diviene narrazione esistenziale dell’amore di Dio e il matrimonio luogo fondamentale sceltosi da Dio per  rivelarsi agli uomini, e in cui gli uomini possono conoscere Dio Amore.

Pastorale è l’azione di Cristo il quale continua a farsi presente, vivo e innamorato, che dona se stesso all’umanità, la fa sua Sposa, la unisce a sé e la fa una sola carne con Lui nell’Eucaristia e, nell’umanità della sua Chiesa, continua la sua missione, che consiste nell’unire a sé tutta l’umanità.

Cristo è Sposo perché “ama la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla Parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga , ma santa e immacolata”  (Ef5,25-28).

Il senso dell’essere Chiesa è far conoscere a tutti il modo con cui Gesù ha realizzato il progetto di Dio, che ha come obiettivo la comunione con gli uomini. Questa è rappresentata dall’amore sponsale che diventa segno e paradigma di tutte le relazioni..

Gesù stesso si presenta come lo Sposo che vuole tutta l’umanità al banchetto nuziale  e nella Pasqua celebra le nozze con la Sua Sposa donandosi completamente con un amore totale, definitivo, gratuito.Sulla Croce e nell’Eucaristia c’è il più grande e mai più raggiungibile atto d’amore nuziale della storia:l’amore totalmente dato, definitivamente dato, gratuitamente dato.

Da questo evento nuziale prendono vita tutti i sacramenti: momenti e frammenti di questo unico Mistero di nozze.

“Cristo sposo lava la Sposa (Battesimo) e la fidanza a sé (la Confermazione), per renderla degna di sedere a mensa con sé (Eucaristia), assicurandole sempre il perdono (Riconciliazione) e la propria presenza nell’ora della prova e dell’agonia (Unzione degli infermi). Nello stesso tempo egli chiede ad alcune persone di essere la sua presenza di Sposo (sacramento dell’ordine) e ad altre di raccontare, esprimere, incarnare la sua relazione sponsale con la Chiesa (Nozze).” (Mazzanti)

Dice il CCC (1534): ”Due altri sacramenti, l’Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono alla edificazione del popolo di Dio”. Ambedue i sacramenti attualizzano in due modi essenzialmente diversi lo steso realizzarsi della Alleanza di Dio con l’umanità e di Cristo con la Chiesa. Cristo ha voluto due ministeri consacrati “ per costruire la Chiesa” e nessuno dei due può pensare di assolvere a questo compito da solo..

Il Papa nella Familiaris Consortio (106): ”La famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa”.

In “Comunione e comunità , II par., 10”, leggiamo che la famiglia è una “ vera cellula di Chiesa” cellula di base, la più piccola, certo, ma anche la più fondamentale dell’organismo ecclesiale.  

La famiglia cristiana è spazio vitale della nuzialità di Cristo. In forza del sacramento del matrimonio "la reciproca appartenenza degli sposi è la rappresentazione reale del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa... il matrimonio dei battezzati è simbolo reale della nuova ed eterna alleanza sancita nel sangue di Cristo"(FC 13).

Dalla riscoperta della famiglia come "sposa di Cristo" e "chiesa domestica" derivano alcuni impegni per la Chiesa e per la comunità familiare:

  • Riscoprire la "sponsalità" come dimensione fondamentale dell'esistenza cristiana e dell'essere Chiesa (ETC, 15).

  • Considerare realmente la famiglia come risorsa per rigenerare il tessuto cristiano della comunità ecclesiale. La famiglia, sposa di Cristo, è infatti "custode dell'amore" (ETC, 30).

  • La pastorale per la famiglia e della famiglia deve diventare "un settore veramente prioritario" (FC, 65).

Progettare la pastorale della parrocchia con la famiglia vuol dire scoprire il progetto di Dio sulla famiglia e sulla parrocchia e delineare il cammino di conversione che famiglia e parrocchia devono percorrere per corrispondere "qui ed ora" al progetto di Dio.

La Chiesa ha bisogno della famiglia per essere pienamente se stessa, cioè "famiglia di famiglie" (CC II,24). La famiglia ha bisogno della Chiesa e deve vivere nella Chiesa per essere pienamente se stessa, cioè ripresentazione del "mistero grande".

Famiglia diventa ciò che sei: comunità d'amore, segno dell'amore sponsale di Dio per l'umanità e di Cristo per la Chiesa, segno e strumento di comunione tra gli uomini, scuola di umanità.

Parrocchia diventa ciò che sei: famiglia di famiglie, segno della comunione trinitaria, sacramento di comunione nel mondo.

 

L’icona evangelica della moltiplicazione dei pani (Marco 6,30-44) ci aiuta a tradurre tutto questo in una serie di conseguenze pastorali.

 

I. ”Voi stessi date loro da mangiare”

   Il dono della comunione e del servizio.

 

35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: “Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; 36 congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare”. 37 Ma egli rispose: “Voi stessi date loro da mangiare”. Gli dissero: “Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare? ”. 38 Ma egli replicò loro: “Quanti pani avete? Andate a vedere”. E accertatisi, riferirono: “Cinque pani e due pesci”. 39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. 40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta”.

 

Ecco descritto lo stile della comunità cristiana, in base alla quale elaborare il progetto pastorale. E’ lo stile proprio della famiglia, dove il Signore ci chiama a vivere relazioni interpersonale autentiche e a tradurle nei gesti della donazione e della condivisione; dove si mette in comune quello che si ha per condividere tra tutti.

 

  1. Occorre ripensare la parrocchia la parrocchia secondo il paradigma della comunione trinitaria e della nuzialità divina che si rende visibile nell’amore sponsale e familiare.

 

Ciò ci porta a guardare alla parrocchia come una “famiglia di famiglie”  e di guardare alle famiglie come alle  “cellule vive” che compongono la comunità. Di qui la necessità di valorizzare la ministerialità tipica della coppia e della famiglia, che è la ministerialità di comunione, per contagiare con essa la vita di tutta la parrocchia.

 

  • Questa prospettiva domanda agli sposi, ma anche alle comunità parrocchiali, di diventare sempre più trasparenti all’amore di  Dio; sempre più quel luogo dove è possibile fare l’esperienza dell’amore di Dio; quel luogo dove è possibile incontrare lo Sposo.

  • Di qui la necessità di promuovere in tutte le coppie di sposi la coscienza di essere manifestazione di Dio Trinità e del suo progetto di amore. Prima e al di là di qualsiasi prestazione o servizio gli sposi possano dare.

 

  1. E' necessario valorizzare l'originale indole comunitaria delle famiglie per edificare la comunità parrocchiale come ‘famiglie delle famiglie’; comunità adunata nell'unità delle Persone trinitarie, a immagine della Trinità, come la famiglia.

 

  • Ciò comporta la necessità di riconoscere alla famiglia una dimensione ecclesiale (comunità salvata e salvante, segno e strumento di salvezza) e di dare alla parrocchia una dimensione familiare: la parrocchia deve prendere la famiglia come immagine/esempio del suo essere comunione. Deve adottare nella sua vita e nei suoi organismi (ad es. nel consiglio pastorale) lo stile familiare, che privilegia l'attenzione alle persone, la comunicazione reciproca e le relazioni interpersonali, prima che l'azione. Per questo occorre creare nelle nostre parrocchie una "cultura di famiglia".

  • Occorre passare da una pastorale "per" la famiglia a una pastorale "con" la famiglia: maturare nelle coppie il senso della corresponsabilità pastorale insieme ai presbiteri, sostenuta dall'atteggiamento del dono e della gratuità. Ciò presuppone la comune formazione degli sposi e dei presbiteri circa la corresponsabilità della famiglia nella edificazione della comunità ecclesiale e nell'azione pastorale.

  • In questa prospettiva è importante valorizzare la collaborazione delle famiglie soprattutto in quegli ambiti pastorali che sono più "connaturali" per loro: la promozione della vita, l'educazione alla vita affettiva, l'educazione delle giovani generazioni, l'aiuto alle famiglie in difficoltà, l'accompagnamento dei fidanzati e delle giovani coppie, ecc. Ma è altrettanto importante stimolare le famiglie a rivivere anche a casa i momenti salienti della vita parrocchiale.

  • Occorre ripensare la parrocchia come un insieme di piccole comunità o gruppi di famiglie, distribuiti sul territorio e collegati tra di loro, riuniti insieme per l'Eucaristia domenicale, per la progettazione pastorale della parrocchia, per momenti di preghiera e fraternità, gruppi di famiglie che vivono tempi propri di incontro, di formazione e di impegno caritativo, ma che trovano nella comunità parrocchiale, il loro punto di riferimento più importante e il loro ambito di lavoro.

 

  1. Occorre valorizzare le famiglie disponibili per costruire una rete di relazioni fraterne e solidali con tutte le famiglie e le persone sole, soprattutto quelle in difficoltà.

 

Sta crescendo nella cultura attuale la tendenza a chiudersi nel privato; il passaggio dall’individualismo alla competitività, alla diffidenza, all’aggressività e alla solitudine, è breve. Anche le nostre comunità ecclesiali sono popolate sempre più da “singles” e persone malate di solitudine. Noi stessi abbiamo l’abitudine di contare più il numero delle singole “anime” che il numero delle famiglie e di pensare la pastorale  per i singoli.

  • La famiglia ha le risorse per promuovere la comunicazione interpersonale al suo interno e tra i vicini, tra le persone conosciute e quelle sconosciute, fino agli immigrati extracomunitari e non; essa può favorire relazioni profonde capaci di vincere la diffidenza e la superficialità. E' in questa direzione che vanno alcuni suggerimenti pastorali:

    • individuare coppie disponibili ad aprire la loro casa per incontri di preghiera, per allacciare rapporti umani significativi con i vicini, ecc.;

    • affiancare le coppie di fidanzati, durante il percorso di formazione, e le giovani coppie con delle coppie "accompagnatrici";

    • costituire gruppi di sposi giovani e affidarli alla guida di una coppia "matura";

    • creare occasioni d'incontro tra famiglie, valorizzando l'amicizia dei figli:

    • individuare nei condomini e o nei caseggiati delle coppie-sposi che possono fare da punto di riferimento per la segnalazione di esigenze, di proposte in maniera bidirezionale (dalla parrocchia alle famiglie, dalle famiglie alla parrocchia.

  • Un impegno particolare è quello richiesto dalle "famiglie in difficoltà", verso le quali occorre un cambiamento di mentalità. Davanti a loro bisogna mettersi come di fronte a un "roveto ardente": in atteggiamento di ascolto, con discrezione, senza giudicare, nella ricerca di quel pezzo di strada che è possibile fare insieme a partire dalla loro situazione, sapendo che così come sono fanno parte pienamente della famiglia dei figli di Dio. Occorre che le famiglie rimangano accanto a quelle in difficoltà con l'atteggiamento della compagnia e della solidarietà e siano per quest'ultime un "faro di speranza". Per un loro cammino di spiritualità di coppia ci sembra di vedere nel gruppo-coppie un'importante risorsa.

  • La comunità, la famiglia è quel luogo abitato da Dio, dove posso essere me stesso senza dovermi guardare le spalle. Un luogo dove ognuno può dire: IO SONO VISTO, GUARDATO CON OCCHIO DI PREDILEZIONE.. Un luogo dove tutti possono essere contenuti. Un luogo dove ciascuno può mostrare il suo volto, nessuno teme di esser giudicato..

 

II.“ Prese i pani, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero”.

Il dono dell’Eucaristia e degli altri sacramenti

 

“41 Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. 42 Tutti mangiarono e si sfamarono, 43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. 44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.”

Con quei pani spezzati e distribuiti Gesù dona già se stesso, per entrare in comunione, in intimità con il suo popolo, per fare del suo popolo una sola famiglia. In questa catena di solidarietà Gesù coinvolge attivamente anche i discepoli, li abilita al servizio e al dono di se stessi. Ma coinvolge anche la gente. E’ qui prefigurato il modellp di esperienza liturgica che sono chiamate a vivere le nostre famiglie e le nostre comunità ecclesiali. I gesti compiuti da Gesù sono i gesti “reali e simbolici” insiee deono e della condivisione, con cui gli sposi ogni giorno esprimono la “liturgia della vita”

 

1.Gli sposi e le famiglie cristiane sono coloro che per primi hanno l'opportunità di tradurre la "liturgia del rito" nella 'liturgia della vita': essi vivono prima di tutto in casa la "liturgia della vita'; animati dalla vita liturgica della comunità, dall'ascolto della Parola e dalla preghiera famigliare.

 

  • "Vi esorto fratelli ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1). La vita di coppia e di famiglia è una liturgia vissuta nel quotidiano. Ogni gesto di amore familiare, vissuto nella fede della presenza del Risorto, è preghiera, è liturgia. (anche l'esercizio della sessualità: tutto è "sacrificio", (fare una cosa sacra).

  • La famiglia è anche il primo ambito in cui la "liturgia della vita" si può tradurre nella preghiera di lode e di invocazione. La gioia di essere sposi e le ricchezze derivanti dalla vita comune diventano preghiera di lode e di ringraziamento; con la preghiera si possono affrontare con nuovo coraggio i momenti di dolore e di sofferenza, le difficoltà di relazione… E' indispensabile che gli sposi imparino l'esercizio della "preghiera di coppia" che si alimenta con l'ascolto della Parola e si esprime nella rilettura del vissuto famigliare alla luce della Parola.

  • I momenti della preghiera familiare non sono spontanei; bisogna prevederli: la preghiera della mensa, gli anniversari, gli onomastici, i compleanni, la benedizione dei genitori ai figli . Si potrebbe suggerire di fare il calendario liturgico della famiglia, collegandosi anche al tempo liturgico della comunità parrocchiale. Suggerire l'angolo di Dio in ogni casa. Alcune proposte concrete potrebbero essere:

    • prepararsi in casa alla Messa domenicale: riti penitenziali, lettura dei testi biblici;

    • scegliere gli avvenimenti o le situazioni della vita famigliare da offrire a Dio nella presentazione delle offerte durante l'Eucaristia domenicale;

    • fare la revisione della vita familiare nei tempi liturgici forti;

    • preparare la preghiera di lode e/o di invocazione.

 

  1. Gli sposi insieme a tutta la comunità: le famiglie cristiane celebrano e vivificano il loro mistero nuziale nell'Eucaristia domenicale.

 

Nell'Eucaristia domenicale gli sposi riscoprono se stessi come attualizzazione della nuova alleanza. Accogliendo il dono d'amore che Cristo fa di se stesso nell'Eucaristia, essi vivificano e accrescono la capacità di donarsi reciprocamente.

 

  • Occorre che la liturgia domenicale sia preparata con le famiglie e celebrata con la partecipazione attiva delle famiglie (figli compresi); le famiglie aiutano il presbitero ad incrociare meglio la celebrazione con la loro vita concreta. La celebrazione eucaristica sia rinnovata nei segni e nel linguaggio, in modo che diventi espressione reale di festa della comunità "famiglie delle famiglie".

  • Gli sposi diano un volto cristiano a tutta la domenica non solo con la partecipazione all'Eucaristia, ma prolungando l'Eucaristia nel pasto consumato insieme, negli incontri conviviali con altre famiglie, nell'attenzione alle situazioni di povertà presenti in parrocchia.

  • La celebrazione della riconciliazione sia preparata attraverso concreti gesti di riconciliazione. All'interno della coppia e della famiglia, in cui condividere anche le reciproche fragilità.

 

  1. Gli sposi e le famiglie cristiane all'interno della parrocchia guidano, come primi annunciatori della fede e primi educatori dei loro figli, il cammino dell'iniziazione cristiana (celebrazione del battesimo, cresima ed Eucaristia).

 

La parrocchia che vuole promuovere un'efficace iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi non può fare a meno dell'apporto educativo specifico dei genitori, né sostituirsi ad essi, ma deve valorizzare il loro ministero di evangelizzazione. La famiglia è la prima palestra per fare esperienza dell'amore di Dio, che i figli incontrano poi nei sacramenti dell'iniziazione cristiana. Essa ha il compito di "togliere il velo", perché i figli percepiscono la stretta relazione che intercorre tra il sacramento dell'Eucaristia e la vita familiare: "Parola-Mensa-Fraternità" da una parte e "Dialogo-Tavola-Relazioni sponsali e familiari" dall’altra.

Ciò non vuol dire che essa deve essere lasciata sola nella iniziazione cristiana dei figli. Essa ha bisogno dell'apporto complementare della parrocchia. La famiglia in quanto immagine della Trinità, va aiutata a prendere coscienza di quale risorsa essa è in ordine all'evangelizzazione dei figli e della sua responsabilità al riguardo. La parrocchia ha il dovere di preparare i genitori a svolgere il loro ministero - a partire dalla catechesi battesimale - a provare il gusto di iniziare i figli a scoprire l'amore di Dio.

 

Conclusioni

 

1. Chiamati a una grande conversione pastorale:

  • Passare dall’idea di famiglia intesa come “oggetto” delle cure pastorali, a una famiglia riconosciuta come “soggetto pastorale”,”fonte generativa”della comunità parrocchiale e come “perno” della progettazione e della gestione della parrocchia.

  • Da una parrocchia intesa come un insieme di persone singole ad una parrocchia intesa come “famiglia di famiglie”, in cui le famiglie sono la “base” della parrocchia e dove le famiglie si sentono come nella propria casa;

  • Da una famiglia vista come un “ settore” della pastorale, ad una famiglia considerata come “trasversale a tutta la pastorale;

  • Da una attenzione quasi esclusiva alle famiglie praticanti, ad un coinvolgimento missionario di tutte le famiglie.

2. La famiglia modello dell’essere Chiesa.

  • Dare il primato alle relazioni interpersonali, rispetto alle azioni pastorali,assumendo lo stile della vita di famiglia: ascolto, condivisione, corresponsabilità, accoglienza, accompagnamento, attenzione al più piccolo e al più debole.

 

3. Progettare l’azione pastorale con le famiglie.

 

  • Prevedere nel consiglio pastorale la presenza di una o più coppie di sposi ( o intere famiglie );

  • Far partecipare le coppie di sposi alla progettazione pastorale, alla sua attuazione e alla verifica del cammino percorso;

  • Stabilire tra presbitero e sposi, un rapporto di stima , fiducia vicendevole e servizio reciproco;

  • Creare in parrocchia tanti piccolo gruppi di famiglie, con una propria vita e4 con momenti di condivisione e comunione all’interno dell’unica comunità parrocchiale.

     

4. Per realizzare questa pastorale familiare , è necessaria una adeguata formazione spirituale e teologico-culturale, sia degli sposi che dei presbiteri ( e dei futuri sacerdoti). Una formazione che approfondisca la teologia della nuzialità imparando a ri/leggere la storia della salvezza con questa prospettiva.  

LA FAMIGLIA  BUONA SAMARITANA

 

La famiglia scendeva da Gerusalemme a Gerico per le vie tortuose della storia, quando incontrò i tempi moderni. Non erano più briganti di altri, ma si accanirono contro la famiglia. Le rubarono la fede, che più o meno aveva conservato, poi le tolsero l’unità e la fedeltà, la serenità del colloquio domestico, la solidarietà con il vicinato e l’ospitalità per i viandanti e i dispersi.

Passò per quella strada un sociologo. Vide la famiglia ferita sull’orlo della strada e disse:”E’ morta”, e continuò il cammino. Passò uno psicologo e disse:” Era oppressiva. Meglio che sia finita”. La incontrò un prete e la sgridò:” Perchè non hai resistito? Forse eri d’accordo con chi ti ha assalito?”.

Infine passò il Signore, che la vide e ne ebbe compassione e si chinò su di lei lavandole le ferite con l’olio della sua tenerezza e il vino del suo amore. Se la caricò sulle spalle e la portò alla Chiesa, affidandogliela, dicendo:”L’ho comprata con il mio sangue. Non lasciarla sola sulla strada in balia dei tempi. Ristorala con la mia parola e il mio pane. Al mio ritorno vi chiederò conto di lei”.

Quando la famiglia si riebbe, si ricordò del volto del Signore e, guarita dalla sua solitudine egoista e dalle sue divisioni, decise di fare altrettanto e di fermarsi accanto a tutti i malcapitati della vita per assisterli e dire loro che c’è sempre un amore vicino a chi soffre ed è solo.

Così venne ripristinata la solidarietà umana: se in ogni volto in futuro, il malcapitato poteva temere di riconoscere i suoi assalitori, ora poteva anche pensare di riconoscere il suo salvatore. Anche nella solidarietà quotidiana tra famiglia può ripetersi questa riconciliazione umana. Ciascuna infatti può e deve testimoniare la presenza affettuosa del Signore.