Seconda relazione 29.06.2015

CONVEGNO DIOCESANO 2015

ADULTI PER INZIARE: “Lo educò e ne ebbe cura” (DT 32,10)

 

Anche quest’anno si è svolto il Convegno della nostra Diocesi di Albano, il cui titolo è stato ”Adulti per iniziare”. Il titolo stesso inquadra pienamente il contesto degli obiettivi trattati nei tre giorni del convegno. Infatti il perno centrale del convegno, è stata proprio la questione “Adulti”, necessari per poter iniziare qualsiasi opera di evangelizzazione e senza i quali è impossibile un rinnovamento pastorale. “Iniziare” invece volutamente scritto con la ‘I’ maiuscola richiama il progetto diocesano di iniziazione cristiana delle nuove generazioni, perché solo gli “adulti nella fede” possono iniziare alla fede. Si pone quindi l’accento sulla disponibilità e capacità da parte degli adulti, di accompagnare i diversi cammini di fede dei ragazzi, gli stessi adulti che dovranno quindi attuare il progetto diocesano di “iniziazione cristiana”.

Ad introdurci a queste tematiche è stato il Vescovo Marcello Semeraro che nel primo giorno ci ha parlato del rapporto padre-figlio, prendendo come spunto il romanzo di Cormac McCarthy “La Strada”. Un romanzo in cui in un mondo post-apocalittico, un padre pur trovandosi in situazione negative, riesce a guidare, educare e far crescere il proprio figlio. Conosciamo la strada? Genitori e figli insieme possono trovarla. Ma ancora più importante di conoscere la strada è avere una meta, guardare insieme nella stessa direzione e noi dobbiamo camminare insieme ai nostri ragazzi, senza stare né davanti né dietro, ma accanto a loro, dobbiamo essere i loro accompagnatori. È in questo contesto che si inserisce il concetto di ”pastorale generativa”, una pastorale cioè che genera vita nella fede e lo fa non identificando percorsi comuni e generici, ma riuscendo ad evidenziare le necessità di ogni ragazzo, in una comunità quindi totalitaria, attenta ed accogliente alle esigenze/capacità di ogni membro della chiesa. La chiesa quindi intesa come una comunità in cui la fraternità si coltiva dentro una convivialità. Ognuno si deve sentire bene accolto e soprattutto si deve sentire parte di un unico progetto pastorale del quale ognuno nel suo ruolo è parte integrante.

Questo rapporto padre-figlio inserito in un contesto educativo e di crescita della fede, è stato poi ripreso nei due giorni seguenti dal Prof. Triani prima e da Monsignor Bulgarelli nell’ultimo giorno. Entrambi hanno posto l’attenzione sulla situazione dell’adulto oggi, un adulto in piena crisi educativa, con serie difficoltà di prendere decisioni e responsabilità. Tutto ciò sfocia in una crisi di rapporto tra generazioni, in cui solitamente il padre vuole fare il figlio e il figlio ne vuole sapere più del padre. In un rapporto di questo tipo, l’adulto si smarrisce!

Dobbiamo quindi ristabilire i ruoli, ridare i giusti confini e limiti. Ricreare il giusto equilibrio nella famiglia ad esempio iniziando da subito a smetterla di delegare agli altri l’educazione dei nostri ragazzi (che sia il parroco, i catechisti, amici o maestri di scuola). L’adulto deve saper essere maestro ed allievo anche perché chi si trova nel campo educativo si mette quotidianamente in gioco in prima persona. Di sicuro sostegno  è certamente la vita sacramentale che ci aiuta a non sentirci arrivati come adulti ed educatori. Come cristiani dobbiamo certamente praticare “la via della narrazione”, come spazio di incontro tra Dio e l’uomo. Raccontare l’esperienza di Dio, narrare di Gesù, la sua parola, i suoi messaggi, proporre quindi a noi stessi e ai giovani la persona di Gesù, in contrapposizione alle tante strumentalizzazione della società.  Solo così possiamo uscire da questa crisi antropologica: Gesù visto come unico orizzonte, perché in tutto questo smarrimento l’unica meta valida è Lui! Proprio quello che dicevamo all’inizio, in cui padre e figlio sulla stessa strada guardano la stessa meta: Gesù.

 

LABORATORIO DELLA FEDE

Il “Laboratorio della Fede“ è l’ultima delle quattro tappe del progetto della Diocesi di “iniziazione cristiana”. Nel 2011 c’è stata la “tappa battesimale”, nel 2012 il “catecumenato crismale”, nel 2013 la “tappa eucaristica”. Il “Laboratorio della Fede“ è quindi l’ultima di queste tappe ed è il percorso di fede proposto agli adolescenti tra i 16 e i 18 anni, che dopo aver ricevuto la Cresima, chiedono di continuare un cammino di crescita assumendosi quindi la responsabilità di una testimonianza forte nel mondo. In merito a tutto questo, Don Gualtiero ci ha proposto alcuni spunti di riflessione, raccolti dai contributi di ogni singolo laboratorio pastorale. Sono stati divisi in 3 macro-categorie:

 

1. Ascolto ed accoglienza: è stata raccomandata attenzione al linguaggio degli adolescenti. Spesso parliamo con loro linguaggi diversi, non nei modi di dire ma proprio nei modi di comunicare. Altro elemento emerso in questo tema è il saper riconoscere i nostri limiti di adulti, per migliorarci e trovare vie praticabili. Riconoscere quindi anche la necessità di avere educatori giovani che stiano con i giovani che parlano lo stesso linguaggio. Ed infine ascoltare i bisogni dei nostri ragazzi che non significa assolutamente caricarli delle nostre attese ed aspettative, ma servire le loro persone. Non dobbiamo aver paura di dare responsabilità ai giovani!

 

2. Annuncio e proposta: innanzitutto presentare la fede come una scelta di vita e non come un insieme di precetti da osservare, cose da sapere, fare o non fare. Bisogna rompere l’indifferenza tra il mondo adulto e le nuove generazioni ed ancora accogliere le differenze come possibilità. Sempre in questa categoria presentare il “Laboratorio della Fede“ come un tempo di testimonianza.

 

3.Protagonismo e corresponsabilità: gli adolescenti chiedono concretezza, chiedono di sperimentare con il corpo che cosa significa essere cristiani. Gli adolescenti sono il loro corpo, sono quello che fanno, sono quello che sentono, quindi più che parlare dell’essere cristiani dovremmo “fare” i cristiani. Altro spunto emerso in questo tema è il gruppo parrocchiale. Sembra proprio che agli adolescenti l’esperienza del gruppo parrocchiale vada un po’ stretta, dovremmo quindi allargare gli orizzonti, il perimetro del gruppo, sia nel territorio sia come esperienza nella chiesa parrocchiale, diocesana ed universale. Altro fattore fondamentale è il coinvolgimento delle famiglie. Anche se in questa fascia di età le famiglie risultano latitanti, dobbiamo per forza partire da lì. Le famiglie rappresentano la chiave interpretativa di questi ragazzi. Per ultimo il “Laboratorio della Fede“ come luogo umano e non un semplice “contenitore”, anche per questo è indispensabile una equipe formativa che sia formatissima ed il profilo dell’educatore che sarà in questo periodo più accompagnatore che educatore.

 

È stato poi messo l’accento su alcuni rischi e difficoltà in cui potremmo incappare.

 

1. Il primo rischio è più che altro un’esortazione: dobbiamo aiutare i ragazzi non solo a rimanere dove siamo noi (nella nostra parrocchia/oratorio/comunità), ma devono anche essere in grado di portare fuori nel mondo la parola di Dio, il rischio quindi è proprio quello di tenerli troppo ancorati a noi.

 

2. Il secondo rischio è quello da parte nostra di risolvere la questione liquidandoli semplicemente dicendo: “i ragazzi a quest’età sono poco sensibili, hanno poca voglia e sono poco ricettivi al messaggio di Dio”. Questo è sicuramente vero, ma è anche vero che alcuni ragazzi, anche se pochi, restano e magari qualcuno si aggiungerà successivamente. Quindi cosa proponiamo per questi ragazzi? Ma anche per quelli che se ne vanno dovremmo continuare il nostro cammino di fede, perché abbiamo nei loro confronti un “debito di Speranza”. Per dare continuità a questi ragazzi dobbiamo per forza sviluppare una pastorale giovanile parrocchiale ed inter-parrocchiale.

 

In questo progetto ci aiuta anche Papa Francesco che nella Evangelii Gaudium n. 33 dice: “invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito, di ripensare agli obiettivi, le strutture i metodi evangelizzatori delle proprie comunità”.

 

Nel “Laboratorio della Fede“ dobbiamo quindi “inventare” nuovi modi e nuovi metodi che siano più vicini ai ragazzi di oggi.

 

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